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.E' difficile farsi un'idea di un contrasto così evidente: invecedello spettacolo di morte, tetro e silenzioso, la piazza delPopolo presentava l'aspetto di una folta e rumorosa festa.Una moltitudine di maschere da ogni parte, uscendo dalle porte,dalle finestre; le carrozze da tutti gli angoli delle strade,piene di pagliacci, d'arlecchini, di domino, di marchesi, ditrasteverini, di grotteschi, di cavalieri di contadini, tuttigridando, gesticolando, lanciando uova piene di farina, confetti emazzetti di fiori; aggredendo colle parole, e cogli oggetti, amicie stranieri, conoscenti e non conoscenti, senza che alcuno abbiail diritto di lamentarsi, senza che alcuno faccia altro cheridere.Franz e Alberto vedevano sempre, o per meglio dire continuavano a293sentire gli effetti di ciò che avevano veduto.Ma a poco a pocol'ubriachezza generale li vinceva; sembrò che la vacillanteragione stesse per abbandonarli; sentivano uno strano bisogno diprender parte a quel rumore, a quel movimento, a quella vertigine.Un pugno di confetti che gettato da una carrozza vicina colseMorcerf, e, coprendolo di polvere unitamente ai due compagni, glipunse il collo, e tutte le parti del viso non protette dallamaschera, come gli avessero gettato un pugno di spilli, fini colcoinvolgerlo nella baraonda generale.Si alzò a sua volta nellacarrozza; raccolse a piene mani confetti nei sacchi, e con tuttoil vigore e la destrezza di cui era capace, lanciò uova e confettiai vicini.Da quel momento il combattimento era impegnato.La memoria di ciò che avevano veduto mezz'ora prima si cancellavadallo spirito di questi giovani, tanto lo spettacolo mobile,insensato, e variopinto era sopravvenuto a distrarli.In quanto alconte non era mai stato, come si disse, un sol momento commosso.S'immagini quella grande e bella strada del Corso ornata daun'estremità all'altra di palazzi a quattro o cinque piani contutte le loro ringhiere addobbate, con tutte le finestre coitappeti.A queste ringhiere e a queste finestre, trecentomila spettatori,romani, italiani, stranieri, venuti da tutte e quattro le partidel mondo, tutte le aristocrazie riunite, aristocrazie di nascita,di denaro, di genio, donne graziose anch'esse sotto l'influsso diquesto spettacolo, si curvano sulle ringhiere, sporgono fuoridalle finestre, fanno piovere sulle carrozze che passano unagrandine di confetti che viene contraccambiata in mazzi di fiori;la strada è tutta ingombra di confetti che scrosciano, e di fioriche volano; poi sul selciato della strada una folla allegra,incessante, pazza, con costumi insensati: cavoli giganteschi chepasseggiano, teste di bufalo che muggiscono sopra il corpodell'uomo, cani che sembrano camminare sui piedi di dietro.Siavrà una piccola idea di ciò che è il carnevale di Roma.Al secondo giro, il conte fece fermare la carrozza, e domandò aicompagni il permesso di allontanarsi, lasciando a lorodisposizione la carrozza.Franz alzò gli occhi: erano dirimpetto al palazzo Ruspoli, e allafinestra di mezzo, a quella che aveva il tappeto di damasco biancocon una croce rossa, c'era un domino turchino, sotto il qualel'immaginazione di Franz si figurò senz'altro la bella greca delteatro Argentina."Signori" disse il conte saltando a terra, "quando sarete stanchidi essere attori, e vorrete tornare spettatori, sapete che avete iposti alle mie finestre; frattanto disponete del cocchiere, dellacarrozza e dei domestici."Abbiamo dimenticato di dire che il cocchiere del conte era vestitocon gravità di una pelle di orso nero, esattamente simile a quellad'Odry nell'Orso e il Pascià, e che i due servitori che stavano inpiedi dietro la carrozza avevano il costume delle scimmie verdiperfettamente adattato alla loro corporatura, con maschera a mollacolle quali facevano boccacce a coloro che passavano.Franz ringraziò il conte della gentile offerta.Quanto ad Alberto era in via di scherzi con una carrozza piena di294contadine romane, ferma come quella del conte in una di quellesoste comuni nei cortei di carri, e che egli tempestava di mazzidi fiori.Disgraziatamente per lui, la fila riprese il movimento, e mentrescendeva a piazza del Popolo, la carrozza che aveva attirata lasua attenzione risaliva verso piazza Venezia."Ah, mio caro" diss'egli a Franz, "non avete visto quel calessepieno di contadine romane?""No.""Ebbene, vi assicuro che ci sono delle graziose signore.""Quale disgrazia che siate mascherato mio caro Alberto!" disseFranz."Sarebbe stato il momento di rifarvi di tutti i vostrisconcerti amorosi.""Oh" rispose egli, metà ridendo, metà convinto, "spero bene che ilcarnevale non trascorrerà senza qualche allettante avventura."Ad onta della speranza di Alberto, tutto il giorno passòsenz'altra avventura, che l'incontro due o tre volte rinnovato delcalesse che portava le contadinelle romane: in uno di questi,fosse caso o studio, la maschera cadde dal volto d'Alberto, edegli approfittò di quella congiuntura per prendere quanti fioripoté, e gettarli nel calesse.Senza dubbio una delle graziose signore che Alberto indovinavasotto il costume da contadina fu colpita da questa galanteria, equando le due carrozze tornarono ad incontrarsi, gettò un mazzettodi violette nella carrozza dei due amici.Alberto si precipitò a raccoglierlo, e siccome Franz non avevaalcun motivo di credere fosse a lui diretto, lasciò che se neimpadronisse.Alberto lo appuntò vittoriosamente in petto, e la carrozzacontinuò il corso trionfante."Ebbene" disse Franz, "ecco il principio di un'avventura.""Ridete quanto volete" rispose, "ma credo veramente di sì; perciònon lascio più questo mazzetto.""Per Bacco, lo credo bene!" confermò Franz ridendo."E' un segnaledi riconoscimento."Lo scherzo prese ben presto il carattere della realtà: quando,sempre condotti dalla fila, Franz ed Alberto incontrarono di nuovola carrozza delle contadine, quella che aveva gettato il mazzettoad Alberto, batté le mani vedendo che lo aveva messo in petto."Bravo! mio caro, bravo!" disse Franz."Ecco che la cosa siprepara a meraviglia
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